Silvio Scaglia e la barbarie della carcerazione preventiva

5 05 2010

Silvio Scaglia il 23 febbraio era in vacanza alle Antille quando ha saputo del mandato di cattura emesso in Italia nei confronti suoi e di altri manager di Fastweb. L’uomo da ormai tre anni si occupava di altro, dopo aver venduto nel 2007 a Swisscom la sua partecipazione alla Fastweb che con Micheli ha fondato diversi anni fa.

Le accuse sono pesanti: associazione a delinquere (reato che consente di ottenere l’assistenza giudiziaria degli stati esteri e l’utilizzo di strumenti di indagine particolarmente efficaci come le intercettazioni), riciclaggio e frode fiscale internazionale.

Sicuro della sua innocenza, e intenzionato a chiarire nuovamente la sua posizione in merito (riguardante fatti accaduti diversi anni fa, quando ancora era manager della Fastweb), prende un aereo privato e torna in Italia e si reca nuovamente dai magistrati per farsi interrogare. Un interrogatorio che aveva già subito per gli stessi fatti nel 2007, anno in cui il magistrato affermò che “non emergono fatti sufficienti a sostenere una accusa in giudizio”.

Dal 2 Marzo 2009, giorno in cui è stato interrogato, Silvio Scaglia è rimasto (ed è tuttora) in carcere. 68 giorni di galera preventiva che appaiono inspiegabili alla luce delle vicende qui esposte.

La carcerazione preventiva può essere disposta (a norma dell’art. 273 c.p.p.) ove ricorrano “gravi indizi di colpevolezza”. In questo caso l’accusa si fonda sul “non poteva non sapere”, presupposto su cui si può forse basare una responsabilità civile (risarcimento), ma non certo una resposabilità penale. Inoltre, requisiti essenziali per la carcerazione preventiva sono il pericolo di reiterazione del reato (improbabile nel caso concreto, visto che Scaglia non si occupa più direttamente di Fastweb come manager dopo aver venduto le sue quote a Swisscom), pericolo di fuga dell’indagato (Scaglia era all’estero, e se avesse voluto fuggire sarebbe rimasto là, non sarebbe tornato in fretta e furia per chiarire la sua posizione) o inquinamento delle prove.

Mi pare autoevidente che manchino i preussposti legali per questo tipo di misura di sicurezza, peraltro considerata dalla legge come extrema ratio, solo nel caso in cui altre misure (es. custodia domiciliare), meno afflittive dal punto di vista della libertà personale, non siano sufficientemente efficaci per limitare i pericoli di cui sopra.

Il principio costituzionale ( art. 27 c. 2 Cost.) di presunzione di innocenza dovrebbe poter essere derogato solo in casi di estremo pericolo e non mi sembra proprio che nel caso in questione questi sussistano.

Non conosco approfonditamente nel merito la consistenza delle accuse nei confronti di Scaglia, e sono sicuro che il tribunale chiarirà ogni aspetto a questo riguardo. Sono tuttavia sinceramente basito di fronte all’ennesimo utilizzo “allegro” di uno strumento delicato come quello del carcere preventivo. (continua)

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Totò Cuffaro lascia l’Udc: pulizie di primavera nell’estremo centro

15 03 2010

Totò Cuffaro è stato Vicesegretario Nazionale dell’UDC e, per molti anni, plenipotenziario dello stesso partito in Sicilia, di cui è stato governatore dal 2001 al 2008.

Il personaggio è stato per molto tempo importante serbatoio di consensi del partito di Casini, ma è stato anche oggetto di pesanti controversie sulla sua limpidezza e trasparenza politica. Queste ombre si sono poi concretizzate nelle indagini  per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta sui rapporti tra il clan di Brancaccio e ambienti della politica locale durante il suo primo mandato di Presidente di Regione.

Secondo il principio della presunzione di innocenza il Presidente dell’UDC Casini ha sempre chiesto di attendere condanne definitive prima di prendere provvedimenti politici di partito su Cuffaro, risultando ai più poco credibile nell’intento (che appariva semplicemente dilatorio) visto l’importante dote di voti che “Totò Vasa Vasa” porta con sé.

Celebre il litigio in diretta a Ballarò su Cuffaro tra Casini e D’Alema, qualche anno fa. Durante le polemiche su Unipol e Consorte D’Alema, a cui Casini faceva la morale, rispose piccato “tu pensa a Cuffaro…”. Casini si infiammò come raramente gli capita, dimostrando di essere stato colpito in un punto dolente, e giurando solennemente che in caso di condanna Cuffaro sarebbe stato espulso dall’UDC. (continua)

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E per le Regionali si avvicina il 9 a 4 per il csx

10 03 2010

Pubblico dei sondaggi per le elezioni Regionali tratti da un sito di centrodestra ed effettuati più di una settimana fa (quindi al netto dell’esclusione del PdL nel Lazio e dell’affaire liste).

Mi sembrano dati estremamente interessanti attribuirebbero 9 regioni a 4 per il centrosinistra con la Campania vinta dal centrodestra seppur con uno scarto tutto sommato limitato vista la situazione locale. E con il centrosinistra calabrese che, se fosse unito, sarebbe maggioritario rispetto al centrodestra.

I sondaggi fatti un mese prima delle elezioni hanno un valore limitato, indicativo e non predittivo, soprattutto perché nelle Regioni in bilico lo scarto è davvero limitato.

Però sono dati che fanno impressione, soprattutto vista la fonte e considerato che sono stati fatti prima di alcuni episodi che avranno probabilmente un effetto non positivo sui consensi del centrodestra.

Staremo a vedere. Quello che rimane certo è che in Lombardia e Veneto la Lega sta superando il PdL, e il centrosinistra è completamente fuori dai giochi e non competitivo.

Ecco i dati completi…

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Le elezioni in Lazio le deciderà la Consulta

8 03 2010

Il paradosso del decreto “interpretativo” firmato l’altro giorno dal Presidente della Repubblica e deciso dal Consiglio dei Ministri, è che se il TAR del Lazio, d’ufficio o su istanza di parte, dovesse disporre la questione di Costituzionalità di fronte alla Consulta, allora il giudizio del TAR (che, lo ricordo, è un ricorso contro una decisione già presa di esclusione della lista del PdL a Roma) verrebbe sospeso e il ricorso verrebbe deciso dopo parecchio tempo, probabilmente ben oltre la data delle elezioni, previste per la fine del mese. (continua)

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Il fantasma di un partito

3 03 2010

Il sempre felpatissimo Corriere della Sera ha lanciato oggi sulla sua prima pagina un editoriale di fuoco contro la pochezza della classe dirigente del Pdl berlusconiano. Una vera e propria bomba politica davvero inusuale per la prima pagina del giornale milanese. L’autore è un uomo di una destra Cattolica e moderata da cui non ci si aspetterebbe toni tanto duri. Quando la corazzata del Corriere spara queste cannonate, in genere è un chiaro segnale di virata. Segnali chiari sono le cautele (se non difese) nei confronti di Fini e la sottolineatura sulla mancanza di “vera politica” nella destra italiana. Nell’attesa forse di qualcosa di nuovo che verrà. L’impressione è infatti che il Corriere si candidi ad essere il supporto editoriale all’operazione, che partirà dopo le regionali, di rimescolamento delle carte della politica italiana a cominciare dall’area del centro-centro-destra.

Riporto il testo dell’articolo del corriere:

(continua)

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La bici del futuro

2 02 2010

Questa bici presentata da Alberto Del Biondi Industrial Design è senza raggi e senza catena. Telaio in carbonio, peso 5-6 chili.

Prezzo? tra i 1500 e i 2000 Euro.

E’ davvero bella…





E’ meglio non andare a votare ?

25 01 2010

In questo articolo apparso su Il Riformista di domenica, scritto da Giampaolo Pansa, l’autore stimola il lettore a riflettere della “bollitura” definitiva del sistema della Seconda Repubblica dimostrata da scelte e candidature diffuse sul territorio.

La proposta è molto netta: il sistema è morto. Non partecipate ai suoi funerali. (Sembra quasi beppe grillo!)

E’ meglio non andare a votare

di Giampaolo Pansa

Allam non è neppure del Popolo della libertà. Era stato eletto deputato europeo per l’Udc di Casini, come indipendente. Ma adesso, da vincitore o da sconfitto, dovrà fare cinque anni di inutile servizio militare.
Se è ancora in tempo a rinunciare, Allam farebbe bene a liberarsi di quella croce. Anche perché una parte di quanti dovrebbero sostenerlo gli sparano già addosso. Venerdì 22 gennaio, il Secolo d’Italia offriva ai lettori un delicato articolo di fondo su di lui. Il titolo, molto signorile, strillava: “Ci mancava soltanto l’egiziano…”. Un “integralista anti-islam” ringhiava un altro titolo. Sotto c’era un pezzo perfido dell’Annalisa Terranova. È una brava giornalista, capace di crudeltà supreme.

La frase più gentile suonava così: «Lo stile politico di Allam induce al conflitto, alla diffidenza, alla difesa di identità sclerotizzate». (continua)

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Riflettere su Craxi

23 01 2010

Ci si espone molto alla critica quando si obietta al tiro dei sassi contro “il male incarnato”, soprattutto se ci si riconosce nel campo non-berlusconizzato. Su Craxi ho sempre pensato si dovesse riflettere in modo profondo visto quanto ha inciso l’uomo nella vita e nella politica italiana.

Per quanto mi riguarda non intendo negare responsabilità penali sue o del suo partito. A proposito dei suoi processi e di quelli di tangentopoli si può rilevare al massimo una procedura quantomai discutibile e distante dallo stato di diritto (manetta facile, suicidi misteriosi in carcere, domande ‘suggestive’ in tribunale, ammissioni di prove “allegre”). Tutte cose che oggi in Italia (grazie alle norme sul giusto processo del 2000) o, anche ieri, in qualsiasi paese occidentale e con processo ad impianto accusatorio e non inquisitorio, non sarebbero successe. Il merito diventa metodo, soprattutto se si parla di responsabilità giuridiche.

Ma credo sia utile andare oltre. Via Craxi. Un’esclamazione di molti, una scelta inopportuna per una istituzione pubblica, una strumentalizzazione da parte dei berlusconiani che intendono con la sacralizzazione dell’uomo e la sua martirizzazione accostarlo a Berlusconi: “vedete?” fanno intendere “Silvio come Bettino sono dei perseguitati politici! Ma Silvio, come Bettino, avrà il suo posto nella storia”. Posto che è probabile che questo accadrà, mi sembra una scelta decisamente prematura e affrettata. E l’accostamento sinceramente azzardato.

Liberato il campo da responsabilità penali (che rimangono ferme e incontestate) e da Vie o commemorazioni varie, sarebbe il caso di fermarsi un secondo a riflettere sul PSI e sugli anni 80. Il punto centrale, che penso sia l’unico davvero interessante, è che l’uomo portò una scintilla in una sinistra vicina allo sfacelo politico e culturale. (continua)

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10 anni dalla morte di Craxi

11 01 2010

Nel decennale della morte di Craxi, Pansa ripercorre sul riformista la storia del leader del PSI e dei suoi nemici storici: i Comunisti.

È la storia a vendicare Bettino

Craxi è stato avversato dai comunisti subito dopo essere diventato leader del Psi, nel luglio 1976. Alle Botteghe Oscure sopportavano un solo tipo di socialisti: i subalterni al Partitone Rosso. Bettino non apparteneva a quella razza. Per questo finì all’istante sul libro dei nemici. Anche perché aveva una pretesa insopportabile per il Bottegone: rompere la diarchia tra Dc e Pci che paralizzava la politica italiana.

Nel 1978, durante il sequestro di Aldo Moro, lo scontro si fece brutale. Bettino voleva trattare con le Brigate rosse per salvare il presidente democristiano. Il Pci e la Dc scelsero la strada opposta. Craxi divenne la bestia nera dei comunisti. Ricordo che alle Botteghe Oscure lo giudicavano un bandito, un avventuriero politico, un individuo spregevole.

Nel luglio 1979, Sandro Pertini, da un anno al Quirinale, affidò a Craxi l’incarico di formare il governo. Ma il Pci disse subito di no. La Dc strillò che Pertini voleva fare un colpo di Stato. Persino i repubblicani, per bocca di Bruno Visentini, bocciarono il tentativo. Bettino fu costretto a ritirarsi.

(continua)

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La fine della scuola di Chicago: il tramonto dei liberisti

11 01 2010

Riporto un articolo del Sole 24 ore che tratta del tramonto degli economisti liberisti, ammesso da uno dei massimi esponenti di quella che è stata definita “la scuola di Chicago”, Richard Posner. Il professore arriva a rivalutare alcune posizioni di Keynes, contestando la razionalità dei mercati e la valutabilità “matematica” del rischio.

«E alla fine credo che probabilmente dovremmo abolire il termine Scuola di Chicago».


Giudice, giurista ed economista, Richard Posner, 71 anni, autore prolifico, il più citato in assoluto nei testi legal-economici, polemista battagliero con saggi e articoli, è da 40 un protagonista in quel mondo accademico della University of Chicago che Saul Bellow amava descrivere e che si nutre di grandi idee eterne calate nelle grandi idee del momento. E la grande idea del momento, che Posner va proclamando da mesi, è che Keynes ha vinto e la Scuola di Chicago ha perso. Nata e vissuta nelle sue due incarnazioni postbelliche per dimostrare che Keynes sbagliava, deve ora ammainare bandiera.

(continua)

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